Guida curiosa ai luoghi insoliti del Friuli by Angelo Floramo

Guida curiosa ai luoghi insoliti del Friuli by Angelo Floramo

autore:Angelo Floramo [Floramo, Angelo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Travel, Europe, Italy, History
ISBN: 9788822768605
Google: -_2ZEAAAQBAJ
editore: Newton
pubblicato: 2022-11-14T23:00:00+00:00


Al Bachero a Spilimbergo

Entrate a Spilimbergo percorrendo il centralissimo corso Roma, passando sotto la volta dell’antica porta torre medievale, quella che si apre a occidente, con il leone di San Marco affrescato sulla facciata, appena sotto l’orologio che scandisce le ore di questa splendida cittadina friulana, una perla di meraviglie architettoniche, piccole vie lastricate in pietra, mura possenti, un fossato e un castello che domina la pianura e tante altre peculiarità che la fanno meta di visite e scampagnate durante tutto l’arco dell’anno. Appena dall’altra parte entrerete in una dimensione in cui tutto vi sembrerà più lento e a misura d’uomo. Basteranno poche campate di archi e loggiati per sentire l’inconfondibile profumo di baccalà che proviene da via Pilacorte, dove questa osteria ha aperto i battenti già dal 1897, come recita l’insegna dipinta sul muro proprio sopra la soglia. E sotto recita, secondo la moda antica, che qui si possono bere vini, marsala e vermouth. Il nome ce lo spiega un grande cantore della terra friulana, Amedeo Giacomini:

I “bàccari” capitarono qui da noi sul finire del secolo XIX quando fummo messi all’asciutto dalla fillossera e dalla peronospora. Come potevano le gole arse dei friuloti restare senza vino? Poiché il nome Friuli è sì grande «che per terra, per mare e per lo inferno si spande» non dovette tardare la notizia dell’infame “siccità” a giungere fino in Puglia. Là il vino abbondava come la miseria e i bravi terrigeni si mossero […] Vennero da Bisceglie, i più da Trani, da Bitonto, da Sava, da Squinzano […] Avevano nome Sasso, Todisco, Gargiulo, Porcelli, Laurora: quasi pionieri d’una nuova America assetata, chiamandosi (o aiutandosi) l’un l’altro aprirono ovunque osterie. Vendevano, è ovvio, i loro vini: il Sava, lo Zaccarese, l’Aleatico, la Malvasia, lo Zibibbo, ma fra tutti il più buono era il vino di Bàccaro, appunto, l’unico non dolce e per questo più gradito ai palati dei locali. Fu proprio esso a dare il nome alle osterie. Veniva chiamato anche Vin Brusco, ma Bàccaro piacque di più e finì per connotare i proprietari delle mescite. (A. Giacomini, Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini, Treviso 2004)

Ben presto gli osti impararono anche a mettere insieme qualcosa da servire in tavola agli avventori che venivano principalmente a spinare il vino. Di quel vino, in particolare, parla Giacomini:

Alcuni, approfittando d’avere il condimento in casa, si misero anche a far cucina: mettevano in pentola cibi popolari: trippe, aringhe alla piastra e soprattutto baccalà, perché gente del popolo erano i loro clienti: pensionati, sensali, fattori che calavano al centro nei giorni di mercato, operai che lavoravano alla ferrovia pedemontana, quella voluta da Marco Ciriani, fondatore della Democrazia Cristiana, ferrovia oggi in disuso… Quello di Spilimbergo, per la bravura dei suoi proprietari e per l’importanza del mercato locale – convengono ad esso ogni settimana, e da secoli, gli abitanti di almeno sei vallate – è l’unico che mantenga ancor oggi l’antico aspetto. (A. Giacomini, Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini, Treviso 2004)

Qui l’atmosfera non è cambiata affatto.



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